TRAPANATERRA

“Tornare per non restare”

Ideato da Dino Lopardo
Con Dino Lopardo e Mario Russo
Musiche di Mario Russo
Scene di Andrea Cecchini e Dino Lopardo
Luci Giovanni Granatina Dimitri Tetta
Supervisione artistica Matteo Cirillo

L’emigrato è un naufrago in terra natìa. Quello che ha conosciuto lo rende estraneo. Quello che sa, e che gli altri non sanno, lo rende più solo.

Nóstos; Algía; Nostalgía; dolore del ritorno. Terra sotto le scarpe, ai lati del cuore e sulla punta delle ciglia. Sguardo lontano, pensiero a una zolla che per anni si è vissuta solo con la mente. Itaca portabile, alma mater sconquassata.

Trapanaterra è un’Odissea meridionale, una riflessione sul significato di «radice» per chi parte e per chi resta, un’ironica e rabbiosa trattazione dello sfruttamento di una terra.

“Chi sei? Dove vai? Da dove vieni? Cosa vai cercando? Quando te ne andrai?” Sembra dire il fratello che è restato a quello che è tornato, organetto alla mano, alla terra dei padri. Il più piccolo in calosce si districa tra i tubi gorgoglianti della raffineria. Il più grande quello che è “scappato”, è un bohemienne che respira di nuovo l’aria di casa, una casa che forse non c’è più, che è cambiata. Un Paese di musica e musicanti dove non si canta e non si balla più, nemmeno ai matrimoni. Si può solo sentire il rumore delle trivelle, la puzza dei gas e il malaffare.

Storie d’infanzia, ricordi di famiglia, canti di piazza e bestemmie: è l’ultra-locale che diventa ultra- universale.

Tutto è impastato nel dialetto, osso delle storie che s’insinua come la musica. Inutile arrabbiarsi, o forse no. Qualcuno è partito perché altri potessero crescere, perché la terra madre non ha i mezzi per alimentare le speranze di tutti. Ma di chi è il coraggio, di chi resta? O di chi torna?

 NOTE DI “REGIA”

“Se non dovessi tornare, sappiate che non sono mai partito.
 Il mio viaggiare è stato tutto un restare qua, dove non fui mai”.

Trapanaterra È una ricerca profonda sulla realtà del mezzogiorno intesa come un costante ossimoro; è un viaggio di rimpatrio, il resoconto di una famiglia del Sud distrutta da un destino ineluttabile. Lavoro, corruzione, potere, tradizione, familismo amorale, abbandono e identità culturale sono gli elementi che fanno continuamente staffetta nel testo.

Due i personaggi, fratelli che si incontrano e scontrano continuamente. C’è chi è partito alla ricerca di un futuro migliore e chi è costretto a rimanere. Il fatto di dover fuggire e il fatto di dover restare, sono sostanzialmente cause di una condizione.

L’essere rimasto, non è atto di debolezza né atto di coraggio, è un dato di fatto, una condizione, ma anche l’esperienza dolorosa e autentica dell’essere sempre fuori posto”.

Sostanzialmente in entrambi i casi si parla di sacrificio, sia per chi parte, sia per chi resta.

 

La NOSTALGIA è l’elemento trainante. È stata considerata la malattia e la follia degli emigrati e quindi del loro mondo d’origine. La parola racchiude in sé due elementi: il primo è il suffisso algìa, che indica un dolore, una sofferenza, la parte che precede il suffisso descrive la causa di quel dolore. Corrado Alvaro descrive la nostalgia come “del ritorno di uno che non se n’è mai andato”. Quando un soggetto ritorna per riallacciare il rapporto con le sue radici e scopre un luogo che vessa nel degrado totale che cosa accade? Le persone a lui care sono completamente diverse, perché?

Eccomi giunto a un altro elemento fondamentale (arena di questa vicenda familiare): Il Sud maledetto e il caso ENI. Com’era prima questa regione e com’è poi diventata? Com’erano i rapporti tra persone che la abitavano? Si stava meglio oppure peggio?

I protagonisti sono due marionette, due vittime del “sistema” collocati in una dimensione insolita. In sostanza sono due esseri, “pupazzi” che parlano, si agitano, agiscono in modo insolito, inverosimile, ma più vero del vero; in un mondo quasi caricaturale come per sottolineare la brutale e grottesca verità. Il ligth motiv che lega i personaggi è la terra. Spesso, quando la tensione si fa alta, il personaggio del Ritornante stempera gli animi, rifugiandosi nel ricordo dell’infanzia. “La peculiarità del teatro di costruire un mondo parallelo aiuta i bambini a costruirsene uno proprio meglio vivibile di quello reale e spesso si va avanti per tutta la vita ad accarezzare questa prospettiva altra, meno gravosa della realtà”.

“Più che della mia terra, credo di aver beneficiato del mio habitat e cioè dei muri, dei soffitti, i suppellettili di casa mia. Ho certamente tratto vantaggio dalle vigne, dalle siepi, dai vicoli e dai ruscelli; li ho tenuti nel mio ventre”.
Dino Lopardo

7 Dicembre — 8 Dicembre
18:50
Orario

Sabato ore 21:00
Domenica ore 17:00

Prezzo Biglietti

Intero: € 18,00
Ridotto: € 15,00

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