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31 Marzo - 2 Aprile 2026

FRANCESCO ZACCARO

SEMBRA AMLETO

di Francesco Zaccaro

Scene Alessandra Solimene Luci Joseph Geoffriau

regia IVANO PICCIALLO

produzione IAC Centro Arti Integrate e MALMAND

Il filo non è ciò che si immagina. Non è l’universo della leggerezza, dello spazio, del sorriso. È un mestiere. Sobrio, rude, scoraggiante. [Philippe Petit]

Vestire i panni di Amleto è seguire un filo, riannodandolo e slegandolo fino ad arrivare a far cadere la maschera. Lo spettacolo scorre su questo filo sospeso tra realtà e finzione, vita e morte, attore e personaggio.

Sono i rapporti familiari la matassa da dipanare: al centro, la figura della madre. È su di lei, sulla sua tomba, che l’attore rovescerà parole segrete e logorate dal buio, fino a compiere quel salto evolutivo e umano che è l’atto estremo della libertà.

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Una sedia, una tomba, una montagnola di terra, e uno dei testi più celebri del teatro: l’Amleto di Shakespeare. Vestire i panni di Amleto è prendere coscienza di avere sempre indossato “un tessuto sbagliato”. Un filo da seguire, riannodandolo e slegandolo, per arrivare a concludere il gioco e far cadere la maschera. Dietro, il volto dell’attore, finalmente liberato.
Un monologo funambolico e grottesco che supera l’impasse, per compiere quel salto evolutivo e umano che è l’atto estremo della libertà. Sono i rapporti familiari la matassa da dipanare. Al centro, la figura della madre. È su di lei, sulla sua tomba, che l’attore rovescerà parole segrete, logorate dal buio, insudiciate dai troppi silenzi.


Note di regia

Lo spettacolo corre su un filo immaginario, sospeso tra realtà e finzione, vita e morte, attore e personaggio. In scena il dramma si muove con toni farseschi, l’attore improvvisa evoluzioni dando vita e sepoltura a personaggi grotteschi, fino a seppellire il suo stesso personaggio: Amleto. Una volta terminato il percorso drammaturgico dell’opera, quando l’attore pensa di averla fatta franca e di aver nascosto tutto, ecco germinare il seme amaro.
Svuotato del personaggio, l’attore strappa il velo del silenzio attraverso una confessione che è una progressiva spoliazione da “idiota” a uomo capace finalmente di “togliersi il naso rosso”, accettando di lasciar morire il proprio personaggio. Amleto, per catarsi “sembra”
così concedere all’attore la sua espiazione. Ma, non sarà altro che, ancora, soltanto, mera rappresentazione.

Tutto questo “sembra”, perché questo è recitabile. È la veste, o la scena, del dolore. Quello che è in me va oltre lo spettacolo. [Amleto; atto I, scena II]