Un progetto di teatro partecipato che riprende e ricostruisce, con rispetto e attenzione, la morte non accidentale di Giuseppe Pinelli, quell’anarchico, staffetta partigiana, fatto precipitare da una finestra della questura di Milano durante un interrogatorio dopo la strage alla Banca Nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana a Milano.
Un teatro attivo che permette di conoscere e riconoscere, dando la possibilità di approfondire anche a chi per ragioni
anagrafiche non c’era, utilizzando il linguaggio dell’arte che crea immagini, emoziona, rende fuori dal tempo, mentre veicola un messaggio di memoria attiva e di non rassegnazione.
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Nel palcoscenico c’è un ring, circoscritto come uno spazio sacro, ma anche luogo del crimine.
Delimitazione dello spazio, messa in scena di “quella stanza” della questura di Milano e il segreto di quanto è accaduto. Segreto che, con il susseguirsi di insabbiamenti e depistaggi, si è fatto sempre più nero e inquietante, simbolo di un periodo politico.
In quegli anni ‘70 le forze reazionarie furono costrette a mettere in campo qualsiasi arma, anche criminale, pur di fermare lo spirito rivoluzionario e innovativo del tempo.
In quella stanza c’è la realtà segreta di quanto è accaduto, mai dimostrato, ma c’è anche il tentativo di rappresentarlo. C’è l’impossibilità degli artisti di ignorare quanto accade di tremendo intorno a loro.
L’esterno permea lo spazio del palcoscenico, non si può rifiutare questa osmosi.
Pinelli, allora, cade addosso a tutti noi.
In quello spazio, Dario Fo e Franca Rame provano. Provano a mettere in scena la loro rappresentazione, capiscono che devono “Fare caciara”, come scrivono ricordando quegli anni, il lavoro fatto per Morte accidentale di un anarchico. Iniziano a scrivere lì, tentano una messa in scena.
Intorno, aggressivo, pericoloso, con le voci, i rumori stridenti, l’eco delle esplosioni degli attentati, c’è il mondo di fuori che vuole entrare, che assedia, quello spazio sacro. I testimoni, i protagonisti di allora, riemergono dai materiali d’archivio, la loro voce si materializza per raccontare quanto non è stato ascoltato.
La molla che ha fatto scattare il bisogno di parlarne ora, è stata la recente criminalizzazione degli anarchici, per ricominciare da lì per parlare del potere e ancora una volta, della repressione politica nei confronti delle opposizioni e delle minoranze. L’insabbiamento del “Caso Pinelli” dimostra che negli anni ’60 e ‘70 la magistratura veniva spesso asservita al potere politico, faticava a garantirsi l’autonomia che grazie alle battaglie politiche successive, si è conquistata. Un’autonomia che oggi è nuovamente minacciata.
C’è stato un attento lavoro di ricerca dei testi e dei materiali d’archivio dell’epoca. I testi principali di riferimento sono stati: “La strage di Stato”, il libro di Camilla Cederna: “Pinelli – Una finestra sulla strage”, e naturalmente “Morte accidentale di un anarchico” di Dario Fo e Franca Rame, che comunque non sarà mai rappresentato nel nostro spettacolo. Qui vogliamo mettere in scena nel linguaggio teatrale – quindi evitando la proiezione di filmati – i fatti accaduti, la reazione e l’impegno, tra gli altri, di Dario Fo, Franca Rame, Camilla Cederna, Gian Maria Volontè e Elio Petri.
Con il gruppo di questi giovani attori, condivido l’amore per le opere di Dario Fo e Franca Rame, l’amore per Elio Petri (di cui sono stato aiuto regista in teatro e amico, nei lontani anni ’80).
Stavano provando uno spettacolo su Peppino Impastato, quando ho parlato di Pinelli e della voglia di fare uno spettacolo su quegli anni, la maggior parte di loro sapeva chi era Giuseppe Pinelli e lo sapeva soprattutto perché conosceva il testo di Fo. Il resto è venuto da solo, un fiume di idee e lavoro condiviso con passione.
Marcantonio Graffeo



