GIUSTO CUCCHIARINI | ELEONORA GIOVANARDI | LUCA MAMMOLI | SILVIA VALSESIA | RICCARDO VICARDI
L’ESTINZIONE DELLA RAZZA UMANA
con la partecipazione vocale di Elio De Capitani
scene Francesco Fassone
luci Luca Serafini
costumi Costanza Maramotti
aiuto regia Giorgio Franchi
produzione Associazione Teatrale Autori Vivi, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale in collaborazione con La Corte Ospitale, Centro di Residenza Emilia-Romagna
regia e testo EMANUELE ALDROVANDI
L’Estinzione della razza umana è uno dei tre testi selezionati da Eurodram 2022 (rete internazionale di traduttori che seleziona in ogni nazione i testi più adatti a circuitare all’estero), è stato presentato in anteprima radiofonica su Rai Radio 3 all’interno di “PRESENTE/FUTURO Nuove scritture per la scena italiana”, è stato pubblicato su Hystrio e ha debuttato a maggio 2022 al Teatro Gobetti di Torino. Lo spettacolo racconta la storia di due coppie che in seguito a una pandemia causata da un virus che trasforma gli esseri umani in tacchini, si ritrovano nell’androne di un palazzo assaliti da domande e paure. Il loro scontro diventa un esorcismo – catartico e liberatorio – che ci aiuta a metabolizzare il nostro presente con ironia, lucidità e un pizzico di grottesco surrealismo, utilizzando un linguaggio tragicomico, con dialoghi affilati e serrati.
E’ possibile acquistare i biglietti
ONLINE SU TICKETONE
PRESSO IL BOTTEGHINO DI SPAZIO DIAMANTE (apertura un’ora prima dello spettacolo)
PRESSO IL BOTTEGHINO DELLA SALA UMBERTO per gli orari di apertura al pubblico consulta il sito
PRESSO IL BOTTEGHINO Di TEATRO BRANCACCIO per gli orari di apertura al pubblico consulta il sito
FABRIZIO LOMBARDO
SEAWALL
di Simon Stephens
produzione Alchemico tre
regia FABRIZIO LOMBARDO
SEA WALL è la storia di Alex, un giovane fotografo, e della sua famiglia.
Una storia che ci permette di riscoprire le meraviglie del quotidiano.
Il protagonista parla direttamente allo spettatore, come fosse un amico, un confidente. Un flusso di coscienza attraverso cui impariamo a conoscere Helen, sua moglie, e Arthur, il padre di lei, nella cui casa in Francia la coppia è solita passare le vacanze; e naturalmente la Piccola Lucy, la loro figlia.
La storia dell’evolversi di questi rapporti, dei viaggi estivi e delle grandi questioni esistenziali che la vita, a volte, spalanca davanti a noi come un abisso: Dio esiste? E se esiste, è un uomo? O una semplice idea? Un monologo denso ma trasparente come una distesa d’acqua, tra le cui pieghe traspaiono dubbi, domande e confessioni.
ll testo, ormai rappresentato in tutto il mondo, è stato messo in scena per la prima volta nel 2008 al Bush Theatre di Londra.
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ELISABETTA TULLI
LE RAGAZZE DI VIA SAVOIA, 31
autore delle musiche Andrea Calandrini
autore delle liriche Elisabetta Tulli
autore del libretto Elisabetta Tulli
produzione Teatro Le Maschere
regia EUGENIO DURA
15 gennaio 1951. Un fatto vero che commosse tutta Roma. Duecento candidate per un solo posto da dattilografa. La scala del palazzo dove erano in attesa del colloquio crolla. Anche Caterina, Ester, Lucia e Rosa aspettano su quelle scale; sono quattro donne frutto della fantasia dell’autrice, così diverse per origini, obiettivi e vita vissuta, ma complementari rappresentano “La donna” che dagli anni 50 ad oggi non ha fatto molta strada nel mondo del lavoro e anche loro vanno incontro al proprio destino.
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ALESSANDRO DI SOMMA | DIEGO MIGENI | YASER MOHAMED | MARCO ZORDAN
39 SCALINI
scene Paolo Carbone
foto Manuela Giusto
disegno luci Pietro Frascaro
aiuto regia Gioele Rotini
produzione Lea Production
regia LEONARDO BUTTARONI
“I 39 scalini” firmato dall’attenta regia di Leonardo Buttaroni e arricchito dalle scenografie di Paolo Carbone, riprende l’opera scritta da Patrick Barlow nel 2005, per l’Italia tradotta da Antonia Brancati, pensata per un cast di quattro attori, qui interpretati dalla consolidata e affiatata squadra formata da Alessandro Di Somma, Diego Migeni, Yaser Mohamed, Marco Zordan, chiamati a recitare, anche contemporaneamente, una moltitudine di personaggi dalle caratteristiche più diverse: buoni, cattivi, uomini, donne e anche oggetti inanimati.
Una corsa vertiginosa fino all’ultimo travestimento dai ritmi narrativi serrati e incalzanti che conserva la ricchezza dei dettagli psicologici della versione cinematografica girata da Hitchcock nel 1935 , da cui riprende l’umorismo graffiante e acuto, l’alta tensione e la suspense.
Il personaggio perno dell’opera è Richard Hannay, un uomo d’affari intrappolato in un giallo apparentemente senza uscita, interpretato come da copione da un solo attore (Marco Zordan) mentre attorno a tre interpreti (Alessandro Di Somma, Diego Migeni, Yaser Mohamed) ruota vorticosamente l’interpretazione degli altri 38 personaggi, in un susseguirsi di gag esilaranti, intrighi, colpi di scena e citazioni cinematografiche che rendono lo spettacolo irresistibilmente suggestivo e coinvolgente.
Intrighi internazionali, complotti criminali, donne seducenti e ammaliatrici, un giallo sottile ed esilarante tutto giocato sulle gag e travestimenti che omaggia un grande e indiscusso maestro del cinema come Alfred Hitchcock e strizza l’occhio alla commedia inglese contemporanea.
Una nuova sfida quella di Cattive Compagnie che anche per questo ambizioso progetto porta in scena la sua personalissima cifra teatrale che danza tra commedia e tragedia, cinema e teatro, conquistando con la sua forte vocazione pop di alta qualità un pubblico sempre più numeroso ed appassionato.
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DANIELE VAGNOZZI
TUTTI BENE MA NON BENISSIMO
di Daniele Vagnozzi
paesaggi sonori Ruben Albertini
sound design Danilo Randazzo
scenografia Mattia Settembrini
lightning design Manfredi Michelazzi
referente tecnico Denise Brambillasca
aiuto regia Alessandro Savarese
locandina Edoardo d’Ostilio
fotografia Beniamino Finocchiaro
con il sostegno di Teatro Panettone di Ancona | con il contributo di Banca BCC di Ancona e Falconara Marittima
regia DANIELE VAGNOZZI
E se ti trovassi in terapia da te stesso/a, che cosa ti diresti?
Un monologo comico e poetico sul rocambolesco rapporto tra giovani e psicoterapia.
Tutti i terapeuti della città sono momentaneamente al completo e Amedeo, un ragazzo di trent’anni alla disperata ricerca di un aiuto, non sa proprio cosa fare. Decide così di iniziare a seguire gli strampalati consigli dello psicologo più famoso d’Italia, il dottor Onesto, che nella sua celebre trasmissione insegna come auto-aiutarsi attraverso il pensiero positivo. Ce la farà Amedeo ad arrivare in fondo a questo duro percorso? Tra psicoanalisi auto-somministrata e assurdi sogni da auto-interpretare, compirà un viaggio nel proprio subconscio fino a comparire di fronte al più temibile terapeuta di tutti i tempi, se stesso.
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TEATRODILINA
ANNA BELLATO | LEONARDO MADDALENA
IL BAMBINO DALLE ORECCHIE GRANDI
scritto da Francesco Lagi
disegno luci Martin Emanuel Palma
disegno suono Giuseppe D’Amato
scenografia Salgo Ingala
foto di Loris Zambelli
organizzazione Regina Piperno
uno spettacolo di Teatrodilina
produzione Compagnia Lombardi-Tiezzi
regia FRANCESCO LAGI
C’è una coppia, un uomo e una donna che si sono appena conosciuti.
Sono due persone che si avviano a stare insieme tra note lievi e incerte in bilico tra il loro presente e il loro passato.
Tra la sensazione di essere un amore tutto nuovo ma anche in qualche modo già vissuto.
C’è lo stupore di avere a che fare con una persona e di non capire bene chi sia, lo straniamento e la grazia di questa sensazione.
La possibilità di essere una coppia e la paura di scambiare il caso per il destino.
C’è la raccolta punti della marmellata e la sindrome di non mettere mai i tappi alle cose.
Ci sono alcune morti e la questione se i vegetariani possano mangiare il pesce oppure no.
C’è il suono delle cose che si rompono e che quando sono rotte non si aggiustano più.
L’ipotesi, improbabile ma possibile, di essersi già conosciuti prima, chissà quando in una vita precedente.
E poi c’è il bambino, quello dalle orecchie grandi, che dichiara la sua esistenza. Quel bambino che potrebbe rimanere un’ipotesi ma anche nascere e diventare realtà.
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TEATRODILINA
FRANCESCO COLELLA | GIOVANNI LUDENO
LE VACANZE DEI SIGNORI LAGONIA
scritto da Francesco Colella e Francesco Lagi
disegno suono Giuseppe D’Amato
scenografia Salvo Ingala
costumi Sara Fanelli
disegno luci Martin Emanuel Palma
organizzazione Regina Piperno
uno spettacolo di Teatrodilina
produzione Compagnia Lombardi-Tiezzi
regia FRANCESCO LAGI
Su una spiaggia ci sono due anziani signori, marito e moglie, sono i signori Lagonìa. Guardano le onde che si arrotolano nel mare mentre si srotolano i loro pensieri.
Nessuno dei due, però, è nato per dare voce ai sentimenti in modo intonato. La loro è una comunicazione fatta di intimità silenziosa e di risate improvvise, furie e riconciliazioni, pianti e mazzate sulle ginocchia.
In questa giornata c’è il tempo per una maledizione e una nuotatina a largo, per il ricordo di una bimba e per quello di una dieta finita già di lunedì, c’è un gabbiano che muore d’infarto e una nuvola a forma di coniglio, c’è una canzone di Gianni Morandi e la fine del mondo, c’è una barca che li può portare via.
Il solo racconto che i signori Lagonìa ci offrono è quello del loro amore spietato e dolce, a tratti dispotico o molesto, che noi ci troviamo a spiare.
C’è l’epica di un matrimonio durato quarant’anni e questo giorno qua, che non è un giorno qualsiasi della loro vita.
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RENATO MARCHETTI | LUCA SCAPPARONE | SARA SARTINI | DANIELE PROFETA
A FARI SPENTI
un testo di Solange Tonnini, Alessandro Sigalot, Gianni Cardillo
costumi Roberta Goretti
scene Michael Ceracchini
musiche Daniele Grammaldo e Luca Proietti
produzione Little frog film
regia SUSY LAUDE
Quanto può essere crudele l’amicizia, specchio dei nostri fallimenti, rancori sopiti in vecchie abitudini, avere da giovani grandi desideri e ritrovarsi adulti e falliti ognuno a modo suo. Quanto questo può essere difficile da accettare a tal punto da voler trascinare chi ami nel buio, nelle profondità degli abissi. Quattro caratteri, tre fantasmi un sopravvissuto che non ha avuto il coraggio di andare fino in fondo, lasciando i cadaveri acquatici nella sua coscienza e tornare in superficie a respirare.
“Il lago di notte è un buco nero che si confonde con la notte, e ti inghiottisce come la vita.”
È finita. Tutto si conclude prima o poi. Ma non vedo nessuna immagine della mia vita scorrermi accanto. Niente di niente.…Non pensavo finisse così”.
“A FARI SPENTI” è il racconto di un appuntamento di quattro amici ormai adulti che decidono di vedersi dopo anni al loro solito posto, in riva al lago, sotto un lampione e la loro panchina che li ha visti diventare grandi, la resa dei conti di un passato fallimentare e un futuro che li trascinerà negli abissi più profondi.
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LUCA AMOROSINO | CARLO DE RUGGIERI
UN GIORNO COME UN ALTRO
musiche Giuliano Taviani e Carmelo Travia | aiuto regia Maria Chiara Di Mitri | scene Andrea Quattropani
si ringraziano CRISTINA RIBACCHI, LUCA VENDRUSCOLO E LUCIANO CURRELI
produzione Viola Produzioni Centro di Produzione Teatrale
scritto e diretto GIACOMO CIARRAPICO
Un seggio elettorale è a modo suo un luogo simbolo di una democrazia. Quel semplice gesto, ossia votare, per anni è stato considerato quasi sacro da molti italiani, ma con il passare degli anni c’è stato uno scollamento sempre maggiore tra Paese reale e classe dirigente. E questo fenomeno ha provocato un disinteresse dilagante da parte dei cittadini nei confronti di quel gesto sacro: a ogni tornata elettorale, la prima vera notizia è la crescente astensione degli aventi diritto. È, secondo gli analisti, una malattia irreversibile.
Qui si racconta quel giorno in cui l’astensione raggiungerà livelli quasi assoluti e solo il quattro per cento della popolazione andrà a votare.
Ma un seggio elettorale è anche un luogo dove alcuni cittadini, gli scrutatori, sono costretti a passare un’intera giornata uno accanto all’altro. Non sapendo nulla uno dell’altro e spesso avendo visioni diverse del mondo e quindi, non di rado, mal sopportandosi vicendevolmente. Ed è così che Ranuccio e Marco si ritroveranno fianco a fianco nella sezione 4607 (un seggio alle porte di Roma) ad aspettare gli elettori che non arriveranno mai. Uno spettacolo sospeso dove Godot sono gli italiani.
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MICHELE SCHIANO DI COLA
BARABBA
di Antonio Tarantino
spazio scenico e luci Vincent Longuemare
cura della produzione Sabrina Cocco
assistente alla regia Domenico Indiveri
produzione Teatri di Bari|Kismet
regia TERESA LUDOVICO
Antonio Tarantino, come nei suoi drammi d’esordio, torna a dare nuova vita ad un personaggio di ascendenza evangelica. Quasi integralmente in versi, in una lingua impietosa senza più privilegi di rango, dove si mescolano commedia e tragedia, il personaggio di Barabba incarna un teatro di emozioni in cui oscillano, come maschere appese a un filo, il nostro bisogno di salvezza, la nostalgia rabbiosa di un fondamento, di un’origine”
Sandra De Falco, curatrice di Barabba, ed. Cue press (2021) Barabba, per la prima volta in scena con la regia di Teresa Ludovico, completa un ciclo da lei dedicato al lavoro del Maestro.
“Nel 1992 ho visto lo spettacolo Stabat Mater di Tarantino interpretato da Piera Degli Esposti – racconta la regista – e sono rimasta folgorata da quel potente flusso di parole fatte di carne. Una scrittura magistrale che mi affascinava e mi intimoriva. Quando, qualche anno fa, Marco Martinelli ci propose uno studio per la messa in scena de La casa di Ramallah, ebbi un tuffo al cuore: ero eccitata dalla proposta e impaurita dalla verbosità della scrittura. Allora ho avvicinato il testo lentamente, cercando di assorbirlo ritmicamente e quando mi sono lasciata andare tutto è stato più semplice. Lo stesso è accaduto poi nella preparazione di Namur, Cara Medea e Piccola Antigone. Questi personaggi, spesso portatori di mitiche ferite, chiedono all’attore di essere incarnati così come si presentano: nudi e crudi, senza nessun giudizio. Frequentando negli anni il Maestro ho compreso la sua necessità di scorticare le belle parole per trovare la voce, magari rauca, di quella umanità che ha paura dell’altro, che si sente continuamente minacciata e che vive di doppiezza. Le storie di Tarantino si svolgono in interni, in spazi chiusi, ma sono sempre il riflesso del fuori e della Storia. Con leggerezza e ironia riesce a coinvolgere lo spettatore in temi di grande impegno sociale. Barabba forse siamo tutti noi? Imperfetti, ridicoli, mentitori? Schegge impazzite che corrono su e giù alla ricerca di un senso dell’esistenza e della morte. Con parole carnali, dense e infuocate, ancora una volta Tarantino evoca una verticalità che nella nostra messa in scena è restituita da una torre gabbia, creata da Vincent Longuemare.”
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